giovedì 2 febbraio 2012

COSE CHE SFUGGONO AL NOSTRO CHARME. Esperienze personali.



1) L'incresciosa permanenza di resti di spinaci tra i vostri denti, mentre con la conversazione cercate di farvi belli con l'interlocutore che avete accanto (già pavoneggiarsi discettando del cartellone invernale del Nuovo Sacher è ridicolo, figuriamoci farlo con frammenti di un tramezzino proletario tra gli incisivi. E' evidente che l'ingresso nel fantastico mondo dei salotti radical-chic romani vi è precluso per sempre).

2) L'incontro fatale con l'uomo della vostra vita al supermercato (e vai! E' alto, bello e come voi ama i Pan di Stelle. Andar d'accordo fin dal primo mattino è fondamentale. Già vi immaginate mentre fate colazione con lui, con sottofondo di bossa nova e un'atmosfera allegra. E non dovrete fingere, questa volta, che vi piace iniziare la giornata con un centrifugato e un caffè veloce).
Ovviamente, voi siete struccate, avete forcine sfuse in testa (tanto scendo solo a prendere due cose, chi mai dovrò incontrare) e, sotto il cappotto aperto, quella tuta grigia che vostra madre aveva ostracizzato già anni fa, quando ancora abitavate con lei. Se le aveste dato retta, ora non vi trovereste in questi imbarazzanti panni e sareste a pieno titolo la spigliataironicaglamour donna ideale di questo turista del reparto biscotteria secca.
Invece lui non vi guarda affatto e certamente consumerà i suoi Pan di Stelle con un'altra (probabilmente ben più curata) ragazza.

3) Ineleganza più che mai recente.
Interno giorno. Anzi, interno ascensore. Neon. Sono dentro. Si stanno per chiudere le porte e non è salito ancora nessuno. Già pregusto i miei cinque piani di specchiamento- ripasso lucidalabbra- sistemazione capelli- aggiustamento calze calanti (il personaggio di Clark Kent che si trasforma in cabina telefonica è certamente ispirato ad una sconosciuta segretaria del 6' piano). Ma il sogno si infrange rapidamente, perchè sento dei passi affannosi tentare di raggiungere il vano prima che le porte automatiche si richiudano.
Ora, in questi casi, tu che sei dentro dovresti collaborare, semplicemente premendo il tasto "riapertura porte", ma naturalmente nella concitazione vado in panne e sento addosso la stessa responsabilità morale dell'eroe che deve decidere se tagliare il filo rosso o il filo blu. Non vi è alcuna differenza tra me e Indiana Jones alle prese con il recupero del suo cappello mentre rischia di essere murato vivo.
E' solo il tasto di un ascensore, è vero, ma mi sono sempre presa troppo sul serio. Spingo la prima cosa che mi capita, pur di intervenire tempestivamente. Ovviamente il tasto da me selezionato è "chiusura porte". Il sensore dell'ascensore non è particolarmente reattivo e la persona che dovevo agevolare subisce invece una spallata da anta automatica scorrevole che neanche durante i placcaggi del Sei Nazioni.
Inutile dirvi che il malcapitato in questione ha una qualifica pari a "super direttore megagalattico".

Per la prima metà di febbraio, amici della bilancia, Branko ci suggerisce di concentrarci sul lavoro. Lo farò, ma giuro che fino a marzo uso solo le scale.









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