martedì 13 marzo 2012

Momenti di trascurabile singletudine.

Murakami Haruki ha scritto che chi vive da solo gode di irrinunciabili abitudini che possono essere considerate quasi silenziosi riti magici. Credo che una tale poesia narrativa si riferisse a quelle sottili dolcezze che soltanto chi ha lo sconto all'Ama Rifiuti per residente unico può provare: entrare in casa e sentire esclusivamente il rumore dei propri passi (certe sere non siamo in grado di sopportare niente altro che noi stessi); mettere i piedi sul divano senza togliere le scarpe; scrivere con il computer sulle gambe, nel proprio letto, mentre si addenta del disordinato cibo croccante; bere un vino e guardare fuori dalla finestra, mentre in stanza ci sono solo i nostri gatti e Nina Simone. A questi impalpabili piaceri, io aggiungo anche, con orgoglio: la possibilità di riempire il frigo di Coppa Malù senza subire alcuno sguardo giudicante; non dover mai sbrinare il freezer; togliersi il pigiama alle 23 per mettersi i tacchi e uscire di volata con una decisione dell'ultimo minuto, perchè è arrivata una telefonata amica che vale la pena di onorare; cantare Lady Gaga a squarciagola (sono fortissima in The edge of glory) con una spazzola a uso microfono.

Detto questo, vivere da soli significa anche rendersi conto di quanto sia importante non essere soli. Almeno in alcune circostanze fondamentali:
1) quando escogitate imbarazzanti soluzioni per chiudere il vostro vestito (la cui caratteristica principale è quella di avere una chiusura lampo di un metro), dopo esservi contorte per mezz'ora su voi stesse come un gatto impazzito che insegue la sua coda come un corpo estraneo. A differenza del gatto, voi vi slogate una spalla e uscite con il torcicollo;
2) quando fate una scoperta esilarante o intelligente in rete e, poichè siete consapevoli che alcune cose esistono solo se condivise, chiamate la vostra amica del cuore specificamente per esclamare: "senti che cosa geniale che ho letto su Google!", dimentiche del fatto, però, che sono le due di notte, lei ha due figli in età scolare e un marito accanto che vi odia da sempre (in particolare, da quando voi l'avete ospitata a casa vostra durante la sua indecisione e le avete detto: "non sei obbligata a sposarlo, se non vuoi". Lei, ovviamente, l'ha sposato. Voi, da quel giorno, guardate lui di sottecchi, come a tenerlo d'occhio; lui invece, da quel giorno, vi disprezza proprio. Ad oggi vi odiate con garbo);
3) quando riuscite faticosamente a portare la tazza stracolma di latte dalla cucina al divano, davanti alla televisione, senza che nessun cereale sia caduto sul parquet. Ottimo, il mondo è vostro. Ma, disgraziatamente, vi accorgete troppo tardi che il telecomando non è a portata di mano e voi vi stavate già pregustando la visione di una puntata di American Dad, non certo di quella storpiatrice di mobili di Paint your life. Urge cambiare canale, ma siete sole. Così tentate una serie di evoluzioni equilibristiche con il piede che neanche nella finale del mondo di Twister. Naturalmente, la fine versata del latte con i cereali è quasi scontata.
La lista di occorrenze sarebbe ancora lunga, ma è evidente che ciascun elenco puntato o numerato di questo tipo è inversamente proporzionale al proprio grado di dignità, quindi il basso profilo è d'obbligo.

L'amico Branko, perfettamente indovinando il momento storico della bilancia, ammonisce i lettori: in questi giorni, la sfera pratica richiede attenzione e tempismo. Ergo, o mi ricordo di lasciare il telecomando sul tavolinetto davanti alla poltrona, o comincio a cercare un coinquilino.

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